ARTICOLO
114 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA. "La Repubblica è costituita dai Comuni,
dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo
Stato...”
Ma la
Costituzione, come ormai sappiamo, non rappresenta più la legge
fondamentale del nostro Stato, ma una delle tante “carte”, modificabile a
piacere, a seconda degli interessi particolari di qualcuno, che però è
capace di rappresentarli come interessi di tutto il Paese. Nell'ormai
lontano 1991 iniziò una campagna tesa, non sappiamo se consapevolmente o
meno, ad introdurre un sistema maggioritario in tutte le elezioni,
iniziando con l'abolizione delle preferenze (la “scusa” era il possibile
utilizzo delle preferenze da parte della Mafia, per far eleggere i
propri “simpatizzanti”, che come sappiamo continuano ad essere presenti
in gran parte delle nostre istituzioni) e passando poi ad altre riforme,
in nome della governabilità, ma tutte tese a ridurre la partecipazione
al voto, e in definitiva la effettiva rappresentanza dei cittadini,
anche questa affermata nella Costituzione.
Il Consiglio
Provinciale oggi insediato ha 25 consiglieri, eletti nel 2009, l'ultimo
dei quali rappresenta circa il 4% degli elettori della provincia. Se
vanno in porto le intenzioni degli attuali legislatori, il Consiglio
sarà sostituito da un gruppo di “nominati”, ovvero alcuni sindaci dei 37
comuni della provincia, che dovrebbero rappresentare gli interessi di
tutti i cittadini che risiedono nella provincia stessa; ne saranno
capaci? Oltre ad allontanare sempre più il rapporto tra cittadini e
rappresentanti degli stessi ci domandiamo: quando dovranno decidere su
temi che riguardano il territorio del proprio Comune, o di quello
confinante, riusciranno i “nominati” a rimanere imparziali? Ad oggi
la Corte Costituzionale, ha bocciato il decreto “Salva Roma” per la
parte riguardante l'abolizione delle Province, ma sicuramente ci saranno
altri tentativi. Invece di ridurre realmente i privilegi che molte
figure istituzionali hanno, si vuole ancora una volta tentare di
ingraziarsi la rabbia che si è diffusa nei confronti di troppi
“privilegiati” tagliando le briciole nelle istituzioni più vicine ai
cittadini (lo si è già fatto per esempio riducendo la rappresentanza nei
consigli comunali, che costano pochi euro, mentre nelle regioni per
esempio continuano sprechi, illegalità ed eccessi). E ancora: sapendo
che questo Parlamento è composto di nominati, raccomandati e addirittura
eletti illegittimamente (a causa della illegittimità del “porcellum” ci
sarebbero 148 deputati “illegittimi”) sarebbe giusto modificare da
parte loro un tema importante quale è quello della rappresentanza? La
Consulta asserisce che il Decreto bocciato avrebbe creato caos
amministrativo, addirittura aumentando la spesa pubblica, e che “il
trasferimento alle Città Metropolitane del patrimonio e delle risorse
umane, finanziarie e strumentali delle Province…si risolve in un
meccanismo complesso e articolato, suscettibile di produrre costi e di
alimentare il contenzioso, tanto più nell'ipotesi di ripartizione delle
funzioni e delle risorse tra Provincia e Città metropolitana”. La
Consulta conclude sottolineando che le Province sono le uniche
istituzioni che hanno davvero risparmiato (150 milioni di euro solo nel
2012) e che l’assunto dell’invarianza degli oneri (dato per scontato,
perché si tratterebbe esclusivamente di un passaggio di funzioni e
risorse dalle province ad altri enti territoriali) non trova alcun
fondamento: in primis perché la struttura della spesa è squilibrata
verso oneri inderogabili ed incomprimibili (personale, mutui, ecc.) e
poi perché i processi di unione o fusione di Comuni comporterebbero
deroghe al patto di stabilità interno. Se il parere della Consulta non
bastasse, c’è anche l’autorevole appello di 44 costituzionalisti, che
stronca impietosamente l’impresentabile DDL: “Il sovrapporsi disordinato
di provvedimenti di <riforma> del sistema delle autonomie
locali…lascia disorientati, sia quanto al merito delle politiche di
riorganizzazione tentate, sia quanto alla loro legittimità
costituzionale…Non possiamo sottrarci al dovere di richiamare tutte le
forze politiche e la società civile ad una riflessione attenta e
condivisa.” Ancora, essi affermano: “Quanto al destino delle
Province…riteniamo che non si possa comunque con legge ordinaria
sopprimere le funzioni di area vasta delle Province e attribuirle a
Regioni e Comuni, né trasformare gli organi di governo da direttamente a
indirettamente elettivi, né rivedere con una legge generale gli ambiti
territoriali di tutte le Province. Non si possono, infatti, svuotare di
funzioni enti costituzionalmente previsti e costitutivi della Repubblica
(art. 114), né eliminare la diretta responsabilità politica dei loro
organi di governo nei confronti dei cittadini, trasformando
surrettiziamente la Provincia in un ente associativo tra i Comuni,
mentre le funzioni da svolgere non sono comunali…Aggiungiamo che
perplessità suscita anche la strada della revisione costituzionale,
intrapresa dal Governo all’indomani della pronuncia della Corte, con una
iniziativa (A.C. n. 1543) volta alla soppressione
-decostituzionalizzazione delle Province, poi seguita da un disegno di
legge ordinario (A.C. 1542, ndr. quello bocciato dalla Consulta) volto a
sottrarre alle Province la gran parte delle funzioni di area vasta,
nonché da un opinabilissimo provvedimento di commissariamento fino a
giugno 2014 di tutte le Province con organi in scadenza prima della
prossima tornata elettorale - amministrativa. Questa appare per molti
versi una scorciatoia, fonte di ulteriori complicazioni, per il rischio
di un mancato rispetto del principio autonomistico sancito in
Costituzione. In effetti, la soppressione delle Province potrebbe essere
realizzata solo se le funzioni di area vasta risultassero tutte
attribuibili ai Comuni o alle Regioni. Ma queste funzioni, di cui tutti
riconoscono l’esistenza e il necessario esercizio, sia quelle operative
(viabilità, edilizia per l’istruzione secondaria, lavoro e formazione
professionale, trasporti pubblici locali, gestione del ciclo dei
rifiuti, protezione della natura e dell’ambiente), sia quelle di
coordinamento (le pianificazioni con riflessi territoriali, cioè le più
rilevanti scelte di localizzazione) non sono attribuibili ai Comuni, che
anzi sono in molti casi i principali destinatari delle scelte di area
vasta operate nei loro confronti.”. Sappiamo che dichiararci contrari
all'abolizione delle Province è fuori moda, d'altra parte cosa vi
aspettavate da chi si ostina a chiamarsi comunista?
Francesco Andreini segretario provinciale PRC
Antonio Falcone Consigliere provinciale Gruppo Comunista
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